Intervista agli UNCLE MUFF – Con “Adrift” tra creatività e ispirazione musicale

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Gli UNCLE MUFF ci parlano in esclusiva del loro nuovo singolo “Adrift”

Il vostro nuovo album, “Adrift”, sembra abbracciare un approccio fluido e sognante alla composizione musicale. Qual è stata la vostra fonte principale di ispirazione per questo lavoro e come avete lavorato insieme per catturare quell’atmosfera liquida e indipendente?

Il nostro approccio alla musica è poco cerebrale, i pezzi nascono spontaneamente e il nostro lavoro è più che altro quello di aiutarli a crescere senza forzarne la natura. I pezzi si propongono e, se ce ne innamoriamo, ne curiamo lo sviluppo e la realizzazione. La natura liquida del disco l’abbiamo percepita chiaramente solo alla fine mentre cercavamo un titolo per l’album ed è apparso chiaro che tutti i brani navigavano liberamente sull’acqua, ognuno per la sua strada ma tutti inesorabilmente alla deriva (“Adrif”)

L’album presenta una varietà di atmosfere e suoni che si intrecciano in un viaggio sonoro unico. Come avete deciso l’ordine delle tracce e come volevate che l’ascoltatore viaggi attraverso il vostro mondo musicale?

L’ordine delle tracce è stato deciso da Max (batterista) che è anche DJ e che ha valutato, in accordo con la nostra etichetta Overdub Recordings, la strada più idonea per cogliere proprio l’eterogeneità dei pezzi. Il viaggio vuole essere un po’ avventuroso e spiazzante, ci piace l’idea che l’ascolto vada fatto con attenzione e apertura.

Adrift” sembra abbracciare una filosofia di esplorazione e sperimentazione musicale. Quali sfide avete incontrato nel lasciarvi guidare dalle direzioni uniche di ogni canzone e come avete trovato equilibrio e coesione nel processo creativo?

Il processo creativo è sempre un po’ diverso da brano a brano, alcuni nascono da un testo, altri da una linea melodica della voce, altri da un riff di chitarra, alcuni da un giro di basso. E quello è il seme dal quale nasce in po’ alla volta tutto il resto. Alcuni aspetti li elaboriamo o completiamo un po’ alla volta in vari momenti: a casa, durante le prove, altri in fase di registrazione o missaggio. Un brano può restarci in gestazione per mesi, a volte per anni. Magari lo abbandoniamo per un po’ e poi scopriamo che doveva solo stare a riposo per un po’. Old Blue Back ne è un esempio, credo sia nato 5 o 6 anni fa ed è rimasto lì in lunga attesa di una maturazione, sua e forse della band. Fatto sta che fino alla fine eravamo incerti se inserirla nel disco e, solo in fase di missaggio, abbiamo colto a pieno la sua bellezza e abbiamo deciso di proporla come primo singolo del disco.

La vostra biografia menziona una varietà di influenze musicali, da Nick Cave a Tom Waits a Neil Young. In che modo queste influenze si riflettono nel vostro sound e nella vostra identità musicale, e come avete lavorato per rendere queste influenze vostre, creando qualcosa di unico e originale?

Quei tre nomi, più che un’influenza, sono un modo di indicare uno spazio nel quale ci piace muoverci. Sono tra i pochi artisti che mi spingono a suonare e a comporre. Faccio a volte fatica ad ascoltare un disco intero perché, prima della fine, interrompo per imbracciare la chitarra. Le influenze nostre credo che derivino da tutti gli artisti che ogni membro della band ha amato ma non scimmiottiamo nessuno. Ovviamente non voglio dire che non siamo stati influenzati, l’anima di ogni artista che amiamo ce l’abbiamo nel dna e si può manifestare come uno dei tanti colori, vibrazioni o accenti che compongono il nostro stile.

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

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