Un nuovo buco nero nel cuore di un’enorme stella collassata a 1,9 miliardi di anni luce

Condividi

Un nuovo buco nero nel cuore di un’enorme stella collassata a 1,9 miliardi di anni luce. Gli astrofisici del Dipartimento Interateneo di Fisica di UniBa e PoliBa e della Sezione INFN di Bari coinvolti nell’osservazione di una colossale esplosione cosmica.

 {loadmoduleid 668}

Bari, 18 ottobre 2022 – Gli astrofisici di tutto il mondo in questi giorni stanno puntando i loro strumenti in un punto del cielo da cui proviene quello che appare essere il più intenso impulso di radiazione elettromagnetica mai osservato, che ha colpito la Terra domenica, 9 ottobre alle 15:15 ora italiana, ed è stato catalogato come un lampo di raggi gamma (GRB), la classe più potente di esplosioni nell’Universo.

Quel pomeriggio, un’ondata di raggi X e raggi gamma ha attraversato tutto il Sistema Solare, attivando diversi osservatori su satellite, tra cui i due strumenti a bordo del NASA Fermi Gamma-ray Space Telescope, il Gamma-Ray Burst Monitor (GBM) e il Large Area Telescope (LAT). Moltissimi telescopi di tutto il mondo sensibili a tutte le lunghezze d’onda, dal radio, all’infrarosso, fino alle estreme energie dello spettro elettromagnetico, si sono immediatamente rivolti verso la direzione di origine del segnale per studiarne le caratteristiche. Moltissime campagne di osservazione sono tuttora in corso, ad una settimana dall’esplosione.

Il segnale, denominato GRB 221009A e proveniente dalla direzione della costellazione della Freccia, ha impiegato circa 1,9 miliardi di anni per raggiungere la Terra” – ha affermato la prof.ssa Elisabetta Bissaldi – ricercatrice del Dipartimento Interateneo di Fisica ed associata all’INFN di Bari, responsabile barese del gruppo di ricerca dei GRB in Fermi, che per prima ha coordinato le analisi nella collaborazione Fermi. “Si pensa – ha continuato – che sia il bagliore con cui si è formato un nuovo buco nero nel cuore di un’enorme stella collassata sotto il suo stesso peso. In queste circostanze, un buco nero nascente produce potenti getti di particelle che viaggiano quasi alla velocità della luce. I getti attraversano ciò che resta della stella, emettendo raggi X e raggi gamma”.

{loadmoduleid 668}

La luce di questa antica esplosione porta con sé nuove informazioni sul collasso stellare, la nascita di un buco nero, il comportamento e l’interazione della materia a velocità prossime a quella della luce, le condizioni in una galassia lontana e molto altro. Un altro GRB così luminoso potrebbe non apparire per decenni”, commenta la dott.ssa Roberta Pillera, dottoranda del corso in Ingegneria e Scienze Aerospaziali del Dottorato Interateneo UniBa e PoliBa ed associata all’INFN di Bari, autrice di una delle prime comunicazioni di Fermi-LAT . “Secondo un’analisi preliminare, Fermi-LAT ha rilevato l’esplosione per più di 10 ore. Uno dei motivi della luminosità e della longevità dell’esplosione è che, per essere un GRB, si trova relativamente vicino a noi”.

A distanza di 14 anni dall’inizio della missione, Fermi continua a stupirci con le sue scoperte“, conclude il dott. Mario Nicola Mazziotta, primo ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare della Sezione di Bari e responsabile nazionale del progetto Fermi-LAT. “Questo conferma – conclude – il ruolo fondamentale di strumenti come GBM e LAT che monitorino costantemente l’Universo in banda gamma, ed è anche per questo motivo che la NASA ha recentemente esteso la durata della missione Fermi per il prossimo triennio”.

Nell’immagine di repertorio la sequenza costruita dai dati di Fermi-LAT dalla dott.ssa Roberta Pillera che mostra il cielo nei raggi gamma centrati sulla posizione di GRB 221009A. Ogni fotogramma mostra raggi gamma con energie superiori a 100 milioni di elettronvolt (MeV), dove i colori più luminosi indicano un segnale di raggi gamma più forte. In totale rappresentano più di 10 ore di osservazioni. Il bagliore dal piano della nostra galassia, la Via Lattea, appare come un’ampia banda diagonale sulla sinistra del GRB. L’immagine è larga circa 20 gradi. Credit: Collaborazione NASA/DOE/Fermi LAT/R.Pillera

{loadmoduleid 668}

anynamenews

anynamenews

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *