Gli Amore Psiche ci raccontano il nuovo album “Ginkgo Biloba”

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Gli Amore Psiche ci raccontano in esclusiva il loro nuovo album: “Ginkgo Biloba”.

Qual è stata la vostra principale fonte di ispirazione per creare un album così intimamente legato alla natura e alla trasformazione umana?

Sicuramente la natura. Ci siamo trasferiti da poco fuori dalla città, avevamo davvero bisogno di altri ritmi, altri odori, altre connessioni che la vita metropolitana per come è concepita ancora non permette. Le cose stanno cominciando a cambiare, 40 città del mondo si sono coalizzate per suggerirsi come costruire architetture più vivibili, case con più verde per aumentare l’ombra di cui c’è assoluto bisogno. Per noi il contatto più diretto e costante con le piante, di cui stiamo imparando a conoscere l’essenza, è fonte di benessere e ci fa comprendere quanto da loro dipende la  sopravvivenza umana.

Come avete lavorato insieme per combinare elementi folk, ritmi elettronici e testi carichi di significato in questo nuovo lavoro?

Abbiamo seguito lo stesso processo creativo del primo disco: riff di chitarra folk su cui la voce ha cantato e creato i testi che si adattassero alle melodie giuste per ogni canzone, e poi una volta trovate le strutture con la tastiera e la batteria abbiamo arrangiato e dato un sapore attuale al disco. Questa volta però abbiamo voluto rendere i brani più pop, con ritornelli definiti e godibili.

Il titolo “Ginkgo Biloba” evoca un simbolismo potente legato alla resistenza e alla trasformazione. In che modo questa pianta antica ha influenzato il vostro approccio alla creazione musicale e alla visione del mondo?

L’approccio alla creazione musicale in effetti non ne è stato ulteriormente influenzato, abbiamo già una matrice psichedelica naturale, mentre la visione del mondo che stava già cambiando ne è stata sicuramente illuminata. Come un faro nell’oscurità il ginkgo ci ha donato una nuova direzione, il senso di marcia si è diretto verso la terra più che verso il cielo, scappare su Marte insieme a Elon Musk non ci è più sembrata una méta possibile, sempre che lui ci volesse sulla sua astronave e sempre che questa scelta abbia un senso. Resistere e trasformare al meglio lì dove si è, quello che si è, porta frutti buoni. Questo ci dice la pianta.

Con l’album “GINKGO BILOBA”, sembrate proporre una visione di futuro più empatica e in armonia con la natura. Come sperate che la vostra musica possa influenzare l’ascoltatore e stimolare una riflessione sul nostro rapporto con il pianeta e con gli altri esseri viventi?

Una visione più empatica e in armonia con la natura è un modo di vivere che viene proposto giá da tempo, per esempio dalla Love generation degli anni 60, non stiamo inventando niente di nuovo. Solo viviamo oggi in un contesto molto più tecnologico,  abbiamo sperimentato le gioie della città ma anche il prezzo di essere ancora più dissociati dalla natura e stiamo facendo il nostro percorso personale, ci stiamo spogliando del superfluo, siamo in ascolto di noi stessi e la natura ci chiama, sentiamo un sibilo sottile ma profondamente vitale e sacro, come se si trattasse di vita o di morte. La musica ci ha chiamati per donare dolcezza, per essere un balsamo per chi ne sente il bisogno, per chi si sente solo come ci siamo sentiti noi prima di incontrare il ginkgo. Sappiamo di essere un germoglio sommerso da voci fragorose che occupano tutto lo spazio, eppure la vita sa insinuarsi tra fessure dimenticate, si rigenera, si rinnova quando meno te lo aspetti.

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

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