Gli attori del processo di insegnamento-apprendimento: scuola-famiglia-territorio

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È molto semplice pensare alla scuola come un contesto nel quale entrano in gioco un turbinio di  personalità provenienti da alunni o insegnanti. Ma un fattore preponderante, che spesso viene trascurato, è sicuramente l’influenza delle famiglie di appartenenza degli alunni.

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La scuola è un mondo costituito dall’intrecciarsi di molte relazioni: tra insegnanti e allievi, tra gli stessi insegnanti, tra dirigenti scolastici e insegnanti, insegnanti e personale non docente, tra dirigenti, tra insegnanti e famiglie, a cui vanno aggiunte le relazioni con il territorio, i servizi, i diversi consulenti esterni.

Nella scuola si sono verificate sempre difficoltà organizzative, didattiche, relazionali, conflittualità con i colleghi, i dirigenti, gli allievi; tuttavia, negli ultimi anni, vi è stato un aumento di livello di tale problematicità.  Negli ultimi decenni c’è stato un graduale aumento del numero di studenti, specialmente con l’incedere dell’obbligo scolastico, e non più solo a studenti motivati allo studio.

Un’altra tappa significativa è stata l’introduzione del lavoro di gruppo e collegiale tra insegnanti, che ha costruito un altro motivo di incontro-scontro, a causa della frequente relazione con gli altri colleghi e con comportamenti diversi dai propri. Inoltre, le ultime riforme hanno introdotto la legge dell’autonomia scolastica che, togliendo il peso degli organi centrali, rimanda al singolo istituto scolastico la decisione e la gestione riguardo tutte le complesse questioni organizzative, didattiche e relazionali. Questo trasferimento di responsabilità comporta maggiori trattative intorno alle scelte da compiere in loco, con l’inevitabile aumento della conflittualità tra gli operatori per arrivare a soluzioni vantaggiose per tutta la comunità scolastica.

Un obiettivo importante per la scuola è diventato quello di individuare modalità di lavoro pedagogico e didattico per effettuare un’autovalutazione d’istituto, di consiglio di classe, di singolo docente.

 Non si può dimenticare che la famiglia è il primo luogo in cui avviene la trasmissione di informazioni, conoscenze, abilità, ma soprattutto di modelli di comportamento conseguenti ai propri valori di riferimento. In genere, se l’ambiente familiare è positivo, la diffusione dei modelli e dei valori avviene nella quiete e nella sicurezza affettiva ed emotiva del contesto familiare, che consente ai componenti di sentirsi comunque sostenuti e accettati. Ma sappiamo anche che non in tutte le famiglie sussistono queste condizioni favorevoli.

Comunque la famiglia ha un tempo di influenza che finisce quando il ragazzo procede verso l’autonomia, ossia va verso scelte personali di apprendimento, quindi rivede le informazioni, i modelli e i valori proposti dalla famiglia. In altri termini, l’individuo acquisisce il senso della sua maturità di scelta di un percorso formativo.

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Dopo la famiglia viene la scuola che è il secondo posto importantissimo che i bambini incontrano per l’apprendimento. La scuola va considerata innanzitutto come un luogo “sociale” di apprendimento, in quanto essa rappresenta lo strumento primario per sostenere la crescita personale e sociale della popolazione. Infatti, in famiglia non esistono strumenti di valutazione ufficiali, ma meccanismi di conferma e di giudizio dei progressi espressi nei vari livelli di crescita fisica e cognitiva. Nella scuola la valutazione degli apprendimenti diventa esclusivamente valutazione quantitativa, e in questo caso non si tratta di uno strumento di punto di vista. L’apprendimento per scoperta, considerato la forma più efficace di apprendimento, riesce a produrre un maggiore protagonismo degli alunni, consente di superare una funzione meramente nozionistica della scuola tradizionale, per promuovere una costruzione attiva e collegiale del sapere.

Il territorio, per concludere, è visto come luogo sperimentale di apprendimento, dove si genera una sintesi fra le esperienze di apprendimento vissute dentro la famiglia e quelle degli apprendimenti formali della scuola. Il territorio è anche un luogo di incontro e di incontri, di imprevisti, di stimoli. Può anche essere un luogo difficile, di ulteriore esclusione per qualcuno, di ulteriore stimolo alla competizione per altri. Il territorio è un luogo di multiculturalità, non tanto perché ci sono i bambini stranieri, ma soprattutto perché si incontrano dimensioni di vita quotidiana che i ragazzi portano con sé e che sono differenti da famiglia a famiglia, da territorio a territorio, da ambiente a ambiente.

Conservando la peculiarità di ciascun luogo è possibile ripartire i bisogni dei ragazzi e dare ad essi soluzioni duttili, capaci di sostenere un equilibrio tra la relazione affettiva familiare e quella  con gli amici, capaci di sostenere valori di sostegno, rispetto, giustizia, creatività, attitudini  e multiculturalità. Mediante la multiculturalità e la differente abilità ci troviamo a scontrarci con due contesti sociali che devono essere prima elaborati da parte degli adulti e poi dai propri figli.

Riceviamo oggigiorno un’educazione priva di competenze “comunicativo-emotivo-relazionali” che ci penalizza nei rapporti con i colleghi, con i superiori, con gli alunni e i loro genitori. Siamo capaci di esplorare galassie lontanissime, studiamo atomi infinitamente piccoli ma non siamo preparati a esplorare i nostri mondi interiori e la nostra anima che, opportunamente ascoltata, propone e individua situazioni e relazioni che il nostro occhio non percepisce.

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Questo perché nessuno ci ha mai insegnato a impostare in modo umano e costruttivo i nostri rapporti con gli altri, a gestire le nostre emozioni e a gestire i nostri sentimenti; insomma nessuno ci ha mai insegnato ad ascoltare gli altri, nessuno ci ha mai insegnato ad esporre reclami e pareri con chiarezza e senza asprezza. Il risultato è inevitabile,in quanto otterremo: chiusura, irritabilità, egocentrismo, presunzione. Ogni interlocutore tenderà a salvarsi facendo credere agli altri di avere ragione (fenomeno definito “errore di attribuzione”).

Se consideriamo il difficile rapporto tra genitori e insegnanti si può comprendere come tutto può alterare anche il rapporto tra famiglia e figli, scuola e allievi, famiglia e scuola. Così tutto va a influenzare negativamente il territorio in cui vive questa comunità scolastica.

Generalmente, la comunicazione tra genitore e insegnante, avviene in maniera diretta. Durante il ricevimento del genitore, il professore può gestire quel breve periodo di tempo conducendo un dialogo utile alla costruzione di un accordo tra scuola e famiglia, facendo emergere i problemi e realizzando degli obiettivi comuni nei confronti dell’educazione o del recupero del ragazzo. Se si considerano i motivi per cui la famiglia ha iscritto il figlio a quella data scuola o a quel dato indirizzo didattico, si potrebbe già incominciare a valutare il motivo per cui lo studente ha un basso rendimento o perché è particolarmente inconcludente o insubordinato.

Per fare ciò l’insegnante può far riferimento ad alcune tecniche di comunicazione, per es. sui “neuroni specchio” del proprio interlocutore. I neuroni specchio, scoperti dal neuroscenziato italiano Giacomo Rizzolatti nel 1991, ci permettono di capire meglio l’azione del nostro interlocutore creandone una specie di calco del proprio cervello. In altri termini, possiamo carpire il ragionamento altrui senza accedere al ragionamento concettuale, ma mediante simulazione diretta ossia con la percezione non con il pensiero (effetto “risonanza empatica”). Questa attitudine biologica, comune a tutti, può essere usata per capirci meglio tra noi permettendo di realizzare una “base comune” di comprensione e comunicazione.

La base comune ci permette di sintonizzarci con l’interlocutore (ossia il genitore in questo caso) con cui intendiamo interagire e sincronizzare lo scambio; possiamo condividere la situazione contingente del figlio e allearsi per intraprendere dei percorsi comuni (docente/genitore) ai fini di recuperare il figlio/allievo. La sintonizzazione si fonda sull’imitazione trans modale (ossia trasversale ai codici comunicativi: voce, sintassi, linguaggio del corpo, pensieri, atteggiamenti) cioè un’imitazione parziale, garbata e discreta, di alcuni segni dell’altro, allo scopo di entrare in risonanza e instaurare una buona relazione. Possiamo, in questo modo, facilitare la costituzione di una alleanza mirata verso la sottoscrizione di un “patto di corresponsabilità” fra scuola e famiglia.

Purtroppo l’attenzione verso i desideri dei figli è , spesso, eccessiva in numerose famiglie. I genitori tendono a sostituirsi ai figli nelle ricerca della soluzione ai loro problemi,  sino a età avanzate, con ansia eccessiva verso il conseguimento degli obiettivi conseguiti. In questo caso, gli insegnanti devono interagire con dei genitori con i quali non è facile confrontarsi, per questo motivo devono disporre di un ampio spettro di soluzioni e di tecniche per risolvere o convivere con i problemi.

L’educatore fa esperienza del proprio limite e della solidarietà con l’altro, rendendosi conto non solo di ciò di cui ha bisogno il particolare educando, ma anche di ciò che egli stesso è in grado di offrire alla persona che ha di fronte. L’educatore sostiene ed incoraggia e diviene facilitatore del processo di cambiamento di cui è protagonista l’educando.

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La relazione educativa si compie come un rapporto in cui una persona si attiva per facilitare la crescita e la maturità dell’altro che non si configura come soggetto da manipolare, ma come persona capace di auto compimento e di auto realizzazione. La relazione di aiuto poggia su tre condizioni fondamentali: la coerenza, l’accettazione positiva incondizionata e l’empatia. La coerenza consiste nella consapevolezza dei propri sentimenti e vissuti senza negarli o deformarli. L’accettazione positiva incondizionata poggia sul rispetto per la persona riconosciuta come unica e originale, nella sua totalità, con difetti e qualità, senza critiche o valutazioni. L’empatia è la dimensione che più specificatamente deve connotare un’autentica relazione di aiuto, indica la capacità di mettersi nei panni dell’altro, di coglierne con sincerità e rispetto il mondo interiore ,le emozioni e per avviare una comprensione autentica. L’empatia ha lo scopo di creare le condizioni affinché l’educando giunga alla coscienza delle sue emozioni e degli aspetti di sé sconosciuti o rimossi per avviare un processo di autovalutazione e di cambiamento.

La famiglia svolge un ruolo indiscusso sulla formazione della personalità del soggetto poiché, dalle esperienze affettive vissute in famiglia e dai modelli educativi ricevuti, dipendono identità e socializzazione, acquisizione dei valori e modalità di interpretazione del mondo circostante.

Si è parlato di “maternalizzazione del padre”, tuttavia non è “il genitore unico” che va costruito, ma una paternità e una maternità vissute conformemente alle differenze di genere. La genitorialità richiede, da parte del padre e della madre, la condivisione del progetto educativo che non si esaurisce nella ripartizione dei compiti domestici. La con-divisione educativa implica corresponsabilità e coinvolgimento affettivo. Nella relazione genitore-figlio le regole danno stabilità al processo di crescita del bambino per la strutturazione di una personalità sana ed equilibrata. La famiglia contemporanea evidenzia la scomparsa del conflitto generazionale che, invece, svolge un ruolo importante nel processo di costruzione dell’identità personale. Tale mancanza determina una carenza di comunicazione, di affetti e di sentimenti e si traduce in un aumento della distanza tra le generazioni. Il «sì» infatti può significare indifferenza, segnalare un disimpegno.  Il «no», perché abbia probabilità di essere ben recepito dal bimbo, richiede la presenza del genitore o dell’educatore, dunque ha in sé un valore relazionale e affettivo. Le incomprensioni e i conflitti possono diventare costruttivi se ben gestiti e se si coglie i bisogni, propri e dell’altro. 

La complessità del sistema comunicativo scolastico richiede agli insegnanti flessibilità e capacità di riconoscere contesto, argomento, ruolo dei partecipanti, scopi dichiarati e non, atteggiamenti psicologici, uso adeguato di tutte le funzioni della comunicazione. Sono richieste anche la conoscenza e la percezione dei fattori che ostacolano la comunicazione. Infatti le modalità con cui l’insegnante comunica sono più importanti del contenuto comunicato: attraverso il comportamento il docente trasmette non soltanto ciò che pensa, ma ciò che fa e ciò che è, e quindi il suo modo di essere e come si rapporta al sapere che promuove.

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Lo stile comunicativo dell’insegnante, basato sull’ascolto attivo, concorre ad influenzare il clima positivo della classe: le regole sono chiare ed esplicitate e si favoriscono autodisciplina, atteggiamento cooperativo e responsabilità.

Anche le competenze in termini di cittadinanza significa riferirsi alla capacità di esercitarla e allo stesso tempo di comprenderne i principi e i valori, integrandoli nel proprio comportamento e realizzando la dimensione trasversale che caratterizza la competenza. Si possono riconoscere competenze di ordine giuridico e politico che dettano le basi per sviluppare una cittadinanza riflessiva attraverso libertà, tolleranza, uguaglianza e solidarietà. Inoltre si riconoscono le regole democratiche e la sensibilità ai valori e ai diritti umani.

Da un punto di vista metodologico sono necessari metodi attivi, capaci di coinvolgere gli allievi, come la didattica laboratoriale, il lavoro di gruppo e l’apprendimento cooperativo, che promuovono la partecipazione, facendo una pedagogia interattiva che vede le persone come soggetti che imparano l’uno dall’altro.

La caratteristica essenziale del gruppo è l’interdipendenza, cioè una relazione di dipendenza reciproca tra i membri del gruppo in vista della realizzazione di un determinato scopo. La riuscita del lavoro cooperativo è anche strettamente legata allo sviluppo di competenze pro-sociali che si basano su abilità cognitive, empatia e autocontrollo, e concorrono alla formazione di un clima di aiuto e sostegno reciproco di fronte alle diversità socioculturali e a quelle derivanti da disabilità di vario tipo.

Costruire una significativa alleanza educativa tra scuola e famiglia, contrassegnata da condivisione di obiettivi educativi e corresponsabilità, è un’esigenza sempre più sentita da docenti e genitori sostenuta dalla consapevolezza dei risvolti positivi che ne derivano in termini di equilibrio, serenità e successo scolastico per gli alunni con uno sviluppo più armonico della società e del territorio che li accoglie .

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Angela Astone

Angela Astone

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