Esplorando l’amore e l’ossessione: Intervista con SUBARU

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Il cantautore Subaru ci racconta in esclusiva il suo nuovo singolo “De Amore Et Obsessione”.

Qual è stata l’ispirazione principale dietro il brano “De Amore Et Obsessione” e quali sono i messaggi chiave che speravi di comunicare attraverso la tua musica?

“De amore et obsessione”, proprio come dice il titolo, sebbene in latino, parla del rapporto che intercorre tra l’amore e l’ossessione. L’ispirazione del brano è molto personale, il vivere un amore morbosamente, passando da una situazione piacevole ad una gabbia è una cosa che ho sperimentato in prima persona da quando ero molto piccolo. Nel testo infatti ci sono vari riferimenti a questa sensazione ossessiva di amore, come a voler possedere una persona: “Battito nero carbone/Non mi basta un pezzo del tuo cuore” o “Brami la possessione/Crudele cogliere un fiore”. Metto anche a nudo il lato psicologico della questione, emerso nel mio percorso di psicoterapia che ormai va avanti da molti anni, riprendendo il tema dell’infanzia, nella seconda strofa ad esempio: “Lo psico dice che ho un pattern relazionale, dalla materna/ Non ho avuto salvezza a parte da pacchi d’erba/Forse sarebbe diverso mà fosse stata più attenta/Il buco apertosi da bimbo mo è una caverna”. Infine, ci sono alcune immagini che rimandano ad una relazione tossica, che “hanno un nome e cognome” come si suol dire, ma che riconosco in modi diversi di aver provato in più situazioni, ne parlo ad esempio alla fine di entrambe le strofe: ”Non cantavo ancora, ma contavo sulle tue parole/ Odi et amo, forse Catullo alla fine aveva ragione” e “Solo tu sai quanto sogni un camino, lei e un divano/Congelo se ti sono lontano e brucio senza il tuo “ti amo””. Generalmente più che un messaggio come “lezione” questo brano rappresenta uno sfogo, tutta la sofferenza ed esasperazione che si prova in queste situazioni, il riconoscere anche la propria parte di colpa nel viverla e la frustrazione nel non sapere come fare. Il mio collega, Fante Le Fou ha incapsulato benissimo questa cosa nel ritornello: “Colleziono donne ossessioni/ ossi di seppia le mie emozioni” e nel bridge “Sulle mie credenze dove ogni patema tace/Ti ho costruito altari, poi altarini, cerco pace con me stesso”.

Hai menzionato che il brano è stato un “enorme sfogo” per te. In che modo il processo di creazione di questa canzone ha influenzato la tua comprensione personale dell’amore e dell’ossessione?

Questo è un tema che, in un modo o nell’altro, mi accompagna da molto tempo. L’ho anche ampiamente discusso in psicanalisi e credo di averci fatto quasi completamente pace. Quando ho scritto il testo ero già a buon punto della mia analisi introspettiva in merito e, almeno razionalmente, avevo compreso alcuni miei errori e difficoltà nel distinguere le due cose e viverle in modo sano. Scriverle, come sempre, è stato molto diverso. Da sempre scrivo per “spiegarmi a me stesso”, ritengo di essere più capace di comprendermi e di farmi comprendere se lo faccio scrivendo in versi, è una cosa che mi porto dietro da quando ho iniziato a farlo alle scuole medie. È stato molto difficile affrontare questo tema ma è anche stato catartico alla fine, mi sono liberato di un peso che ho messo su carta e ho potuto vedere con più lucidità le sensazioni che stavo provando, questo è stato uno step fondamentale per raggiungere maggiore consapevolezza della situazione. La consapevolezza a sua volta, per come la vedo io e tanti professionisti della salute mentale e non, è il primo step per il miglioramento e quindi il benessere.

Il videoclip di “De Amore Et Obsessione” presenta simbolismi potenti, come la ragazza che stringe e graffia oggetti rossi. Qual è stato il processo creativo dietro la realizzazione del video e come hai lavorato per integrare l’aspetto visivo con il messaggio emotivo della canzone?

Per rispondere a questa domanda devo mettere in gioco due miei collaboratori: Andrea Incarbone, che ha lavorato quasi a tutte le cover dei miei brani e Cosimo Sterlacci, che ha lavorato a quasi tutti i miei videoclip. Di solito, per come lavoriamo noi in squadra, io mi presento da Neura (Andrea Nejrotti, il mio producer) con un’idea di un brano, reference sonore varie e testo praticamente completo. Da lì buttiamo giù quantomeno una bozza, se non il brano completo, poi facciamo una chiamata con tutta la squadra di lavoro; in quel momento facciamo brainstorming e buttiamo giù varie idee per quanto riguarda tutto ciò che serve per il brano, come la cover, il video, le foto, eventuale materiale promozionale per piattaforme social e non e cerchiamo di mantenere un fil rouge coerente in tutto il materiale, partendo dal brano. In questo caso specifico l’idea della cover è nata da Andrea che mi ha fatto più proposte, poi ha organizzato da solo uno shooting con vari oggetti rossi su sfondo nero, come avevamo concordato, da cui abbiamo tirato fuori la cover. Siccome a me e Cosimo è piaciuta molto la sua idea e le foto che aveva fatto, abbiamo deciso di riprendere queste immagini sia nei post su Instagram che nel videoclip. Queste inquadrature sono intervallate a immagini di me in uno scenario simil-seduta di psicoterapia, che parlo col terapeuta (sempre interpretato da me), questa idea è stata di Cosimo e ispirata dalle barre “Lo psico dice che ho un pattern relazionale dalla materna…” e da altri riferimenti nel testo alla psicologia come “Forse p tutto attaccamento insicuro-evitante Bowlby” o “Forse è una fissazione freudiana, sì ma a che stadio?”. La ragazza e la mela/palloncino/melograno sono dei simboli che rappresentano un amore e una passione che poi va a soffocarlo, tant’è vero che all’inizio del video lei accarezza tutti questi oggetti, mentre andando avanti i frutti vengono rotti e logorati mentre il palloncino viene strattonato fino a scoppiare. Questo è quello che succede in una relazione/ossessione, in una coppia tossica dove l’amore, inizialmente simbolo di tutto ciò che si desidera, di passione e intimità, diventa una gabbia, un’imposizione fastidiosa se non distruttiva.

Hai una formazione sia nella poesia che nell’hip hop. Come credi che queste due forme d’arte si influenzino a vicenda nel tuo lavoro musicale, e in che modo hai cercato di fondere questi due mondi nella tua musica?

È una cosa a cui penso spesso, tecnicamente rap sta per “Rythm and poetry” quindi credo che questo aspetto andrebbe maggiormente valorizzato nel settore, nonostante ci siano vari esponenti comunque impegnati in questo. Io cerco sempre di portare un po’ della mia matrice di scrittura “poetica” nelle canzoni, anche se si parla di un’arte nobile e già solo parlarne è quasi un tabù, la poesia si fa, non si dice di farla. Detto ciò cerco anche di adattare le incongruenze delle due discipline per avere un prodotto sufficientemente fruibile. Banalmente nella poesia si può scegliere una metrica e romperla quando e come si vuole, seppur con un certo gusto. Nella musica questo è impossibile perché c’è la necessità di andare a tempo, di conseguenza la metrica viene influenzata da questo bisogno e quindi anche il flow, la melodia etc. Personalmente mi piace cercare di “rompere” la metrica spesso, non mi piace mantenere lo stesso flow per 4 barre di fila costantemente, come spesso accade nel rap, quindi cerco una maggiore creatività nella metrica, una cosa per esempio comune in artisti molto famosi come Rkomi o Tedua. Per quanto riguarda il cercare di influenzare la poesia per renderla più hip-hop sicuramente ci sono delle tematiche che affronto o delle metafore più tipiche del genere oltre ad una certa attitude, non ho intenzione di fare l’intellettuale snob che parla di rap snaturandolo completamente. Il rap è un’arte di strada, con delle solidissime radici, estremamente versatile ma fedele alle sue caratteristiche originarie, una musica nata anche come rivoluzione, come possibilità per chi non ne aveva in contesti difficili, la musica della rivalsa. Non voglio assolutamente togliere questi aspetti dal genere, che trovo anche molto rappresentativi di me e sono parzialmente il motivo per cui mi sono appassionato ad esso, voglio invece cercare di rendere giustizia a questa musica, come merita, integrando nel mio stile le mie caratteristiche personali, come il cercare di scrivere nobilitando in qualche modo il messaggio, concentrandomi molto sul testo in quanto appassionato di lettere e poesia.

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

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