Quarant’anni senza Hitchcock

Condividi

Il 29 aprile 1980 se ne andava Alfred Hitchcock, il regista che ha ridefinito il concetto di “suspense”, dettando le regole del Cinema moderno. 

{loadmoduleid 668}

Nato a Leystone, nell’East End di Londra, nell’agosto del 1899, il giovane Alfred ricevette una rigida educazione cattolica che condizionò profondamente anche l’approccio ai suoi film. Il padre, molto severo, da bambino lo fece realmente incarcerare per cinque-dieci minuti al commissariato di polizia, senza sapere cosa avesse fatto; un’esperienza che lo segnò molto, scatenandogli il terrore per la polizia e una ossessione che tornò in diversi suoi film, come motivo dell’innocente arrestato e imprigionato ingiustamente.

Durante la sua giovinezza fu ingegnere civile, poi si occupò di pubblicità, ebbe incarichi di direttore artistico, si occupò di sceneggiatura e produzione. Il suo debutto alla regia avvenne nel 1925 con “Il labirinto delle passioni”: un piccolo thriller girato tra l’Italia, la Francia e la Germania; a fargli da assistente fu Alma Reville, sua moglie, la sua collaboratrice di fiducia per tutti i 53 film della sua lunga carriera.

{loadmoduleid 668}

“Il pensionante” (1927) fu il primo film in cui trasparì il nascente stile “alla Hitchcock”, con accattivanti trucchi visivi fra i quali un pavimento attraverso il quale lo spettatore poteva “spiare” gli inquilini del piano di sopra. Il regista inglese considerava i film muti come la forma più pura di cinema. Grazie ad essi Hitchcock sviluppò un fortissimo senso dell’immagine, espresso attraverso pellicole ricche di atmosfere oniriche. 

La capacità di narrare un film solo attraverso le immagini si affinò con l’arrivo del sonoro, che lo stesso Hitchcock inaugurò con “Ricatto” (il primo film sonoro britannico). Con la spy story “L’uomo che sapeva troppo”, nel 1934, nacque l’Hitchcock che tutti conosciamo.

Il successo internazionale ottenuto con le opere successive gli aprirono le porte di Hollywood, nella quale esordì con “Rebecca la prima moglie” (1940), al quale seguirono “Sabotatori”, “Notorius – l’amante perduta”, “Nodo alla gola” (interamente in piano sequenza) e tante altre pellicole di successo. 

{loadmoduleid 668}

Con gli anni ’50 il soprannominato “maestro del brivido” diresse degli autentici capolavori, entrati di diritto nella Storia del Cinema: “Il delitto perfetto”, “La finestra sul cortile”, “Caccia al ladro”, “La donna che visse due volte”, “Intrigo Internazionale”: film nei quali lo stile di Hitchcock è ormai definito. Il regista inglese, ormai naturalizzato americano, si dimostra un abile manipolatore del tempo e dello spazio, nel quale agiscono personaggi ricchi di sensi di colpa e pieni di tensioni psicologiche, protagonisti di trame incredibili dotate di un profondo senso religioso, di atmosfere oniriche e di una logica fuori dall’ordinario. Caratteristiche replicate nella serie tv “Alfred Hitchcock presenta” (1955-1961) e nei capolavori degli anni ’60: “Psyco”, “Gli Uccelli”, “Marnie”, “Il sipario strapapto”, “Topaz”, “Frenzy e “Complotto di famiglia”, il suo ultimo film ufficiale. A concludere la sua carriera, infatti, vi è un interessante documentario sull’Olocausto diretto insieme a Sidney Bernstein e intitolato “Mermorie dai campi” (2014), realizzato con i filmati della British Army Film Unit e dell’armata sovietica girati dopo la liberazione dei campi di concentramento nazisti di Bergen-Belsen, in Germania.

{loadmoduleid 668}

Un regista umile, celebre al cinema e in televisione. Il suo cognome e il suo profilo erano diventati un marchio che, indipendentemente dal film proiettato, assicurava il successo del pubblico. Quel pubblico con il quale dialogava e giocava continuamente, cercandolo di sorprendere portandolo in destinazioni inconsuete. Le sue storie giocavano con l’erotismo e con le emozioni più inquietanti dell’animo umano, nelle quali si immergeva in modo ossessivo esplorandole nel profondo ed esprimendole attraverso feticci e sequenze costruite con una precisione matematica che non lasciavano libertà di movimento agli attori, visti come “bestiame” e con i quali spesso aveva rapporti conflittuali. 

Quello di Hitchcock era un cinema per il grande pubblico, ma con una impronta autoriale a metà tra la sperimentazione e il classico intrattenimento. Il tutto magnificamente spiegato nel documentario Hitchcock/Truffaut, visible su Amazon Prime. 

 {loadmoduleid 668}

Giuseppe Gallo

Giuseppe Gallo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *