CORONAVIRUS e … l’ Atlantide italiana

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Avrete certamente sentito parlare di Atlantide, ma forse non tutti sanno di cosa si tratta. Vorrei partire proprio da questo luogo leggendario e scomparso per raccontare di ciò che sta accadendo e di ciò che, purtroppo, si teme accadrà in Italia una volta usciti dalla crisi coronavirus.

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Atlantide era un’isola leggendaria che in un solo giorno venne sommersa dalle acque. Ha affascinato viaggiatori di ogni epoca e infervorato la mente dei sognatori. La prima volta che si sentirono notizie di questa fantastica isola fu addirittura con Platone (427-347 a.c.) che la raccontò per la prima volta. Egli affermò di sapere, con certezza, dove si trovasse: l’area vicino allo Stretto di Gibilterra, che anticamente veniva chiamata Colonne d’Ercole. Le Canarie, le Azzorre e l’isola di Sant’Elena da molti ricercatori sono state considerate le montagne del leggendario continente insulare rimasto sopra la superficie del mare.

Ma, tornando ai giorni nostri, anche l’Italia contiene una piccola Atlantide. E’ composta da tutti quei lavoratori che, senza un regolare contratto, si sono adattati a lavorare “in nero”. Fino a quando, decine e decine di anni fa,  il lavoro lo si trovava nelle piazze del paese, al mattino presto, dove si veniva scelti per andare a raccogliere la frutta, lavorare la terra, scaricare le casse al mercato, questo era il lavoro per la maggior parte della gente. Se la tua famiglia era in difficoltà, ti rimboccavi le maniche e ti presentavi al mattino presto al primo offerente, qualunque fosse la paga o l’orario. Chiaramente era un tipo di lavoro senza alcuna garanzia di continuità o di assistenza.

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In Italia, oggi, le cose non vanno più così. Il problema è assai articolato e non è facile sintetizzarlo in un breve articolo di giornale. Il lavoro “in nero” però oggi c’è ancora. Eccome! Non dichiarato e non regolamentato. Nel 2016 è stato stimato come composto da circa quattro milioni di individui per una percentuale di circa il 16% del Paese.

Qui non si vuole trattare lo studio del lavoro sommerso e di tutte le conseguenze di questo sull’economia dello Stato. Le ragioni del lavoro irregolare possono essere tante, dall’evasione di tasse altissime, così come possiamo vantarci di avere in Italia, e da qui l’assenza di volontà dei datori di lavoro di regolarizzare il lavoro dipendente o altro ancora. Potremmo raccontare che dopo i cinquant’anni, soprattutto negli ultimi cinque anni, sperare di trovare un lavoro regolare è pura fantascienza. Si preferiscono i giovani fino a ventisei anni, per noti sgravi fiscali e salari contenuti. C’è un’Italia sommersa di lavoratori irregolari dove troviamo chi viene sfruttato e chi sfrutta. Le persone che accettano questi tipi di rapporti di lavoro spesso non hanno altra scelta, mentre i datori di lavoro sono spinti verso questo tipo di rapporti per motivi economici, amministrativi (maggiore flessibilità e semplicità) o culturali. 

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La domanda che ci dobbiamo porre è: come fanno a sopravvivere con le loro famiglie tutti questi lavoratori in un momento di blocco delle attività come questo che stiamo vivendo a causa del contenimento dei contagi per coronavirus? Come si giustifica un lavoratore “in nero”, come migliaia di badanti, giardinieri, agricoltori, manovali, ecc.. , se viene fermato dalle Forze dell’Ordine? Ma soprattutto, essendo comunque povera gente che non può certo aver messo da parte un patrimonio visti gli esigui guadagni, come fa a mangiare ogni giorno? A comprare le medicine? A pagare l’affitto? Le bollette? A me viene spontaneo pensare a loro quando si parla di garantire un piccolo contributo a chi è costretto a non poter lavorare. Milioni di persone coinvolte nel lavoro “in nero” come sopravviveranno dopo il coronavirus quando molte aziende avranno chiuso e la disoccupazione salirà alle stelle? Cosa ne sarà dell’Italia già in ginocchio? Ci attende un periodo come quello post-bellico. Non è pessimismo, ma puro realismo. Ed è soprattutto un invito alla condivisione e alla solidarietà che non dev’essere solo quella di aiuto del momento alla Sanità. Dev’essere una solidarietà collettiva, da essere umano ad essere umano. E’ il momento di ricordarci che siamo tutti fratelli coinvolti nello stesso domani.

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