Lettera ai reduci dell’olocausto e in onore di Liliana Segre

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Hai mai provato la vera paura a 18 anni? Hai mai mangiato i rifiuti dei porci? Hai mai lavorato duramente a – 20°C in maniche di camicia? Hai mai condiviso la tua camera con 50 persone? Hai mai indossato un abito per 2 anni senza lavarlo mai?

Hai mai mangiato brodo annacquato e 1/2 kg di pane al giorno? Hai mai preso botte ogni giorno senza motivo o solo perché sei malato e stanco? Ti sei mai svegliato ogni mattina con il terrore che fosse l’ultimo giorno della tua vita? Hai mai provato il gioco del “scegli la doccia” e  sperare di capitare in quella da cui esce acqua e non gas? Hai mai desiderato vivere davvero? Ti è mai stato negato ogni diritto di essere un uomo? Continuerei all’infinito a farti domande, magari di quelle che nemmeno immagini. Non parlo di politica e nemmeno di religione e nemmeno di masturbazioni filosofiche … Parlo di un diritto che deve essere innegabile per tutti : VIVERE CON LA DIGNITA’ DI ESSERE UN UOMO O UNA DONNA.

Mi rivolgo a tutti coloro che oggi conoscono la libertà, conoscono il benessere e vivono con dignità o almeno cercano che venga rispettata inesorabilmente. Mi rivolgo a coloro che hanno “studiato” la storia e che  credono che alcune storie siano solo “favole” del passato. Io non appartengo a quella storia ma appartengo a un padre  che ha vissuto quella storia per tutta la sua vita, come tanti suoi contemporanei e altri ancora in precedenza.  Un uomo che ha vissuto per 75 anni la sua meritata vita e che è stato internato in un campo di concentramento per 2 anni da comune cittadino italiano al servizio dello stato.

Un uomo che, dopo aver avuto la fortuna di uscire vivo da un lager tedesco, ha creduto fermamente nella democrazia e nella libertà della sua adorata Italia. Un uomo che è vissuto nell’incubo di quegli anni da internato finché ha chiuso gli occhi per sempre alla vita. Un uomo che ha raccontato sempre cosa significa valere meno dei porci che si cibavano delle patate e loro degli scarti delle patate raccolte tra i rifiuti del porcile.  Un uomo che ha lavorato nei freddi boschi tedeschi  per tagliare e raccogliere legname in maniche di camicia a righe quando fuori le temperature raggiungevano i -20°C . E aveva solo 18 anni. Quei 18 anni che voi festeggiate in eleganti locali circondati da amici e parenti che vi vogliono bene.

Mio padre mi ha lasciato questa eredità , mi ha sempre chiesto fino all’ultimo giorno della sua vita: “Non permettere al mondo di dimenticare! E’ tutto vero  ed io ho paura per il “vostro” futuro! Non ho chiesto altro nella vita che il rispetto per il mio servizio offerto per la democrazia che mi sono guadagnato e che, tanti come me, vi hanno regalato.  Ma è anche vero che a ciò che riceviamo in regalo, spesso non  diamo il giusto valore che merita! Ma in questo caso, il regalo ricevuto non fa felice solo una persona, bensì milioni di persone che meritano di vivere con dignità e rispetto! “

Dopo la sua morte mi sono ripromessa di visitare un campo di concentramento e di appurare realmente di cosa parlava mio padre. Le sue storie mi hanno sempre fatto accapponare la pelle ma la realtà mi ha realmente terrorizzata. Ho visitato  il campo di Dachau in Baviera e di Mauthausen in Austria …  Una sensazione indescrivibile,  percepivo intorno a me  la presenza di migliaia di persone che mi venivano incontro come per chiedermi aiuto, anime che non trovavano pace , anime che chiedevano giustizia, anime che mi chiedevano  ” perché è toccato a me questo destino, a me che ero innocente, a me che non avevo fatto niente di male ..”.

Ricordo che una famiglia di turisti italiani, che mi precedeva, avevano per mano una bimba di circa tre anni, ignara di ciò che stava per visitare ; la piccola, rivolgendosi ai suoi genitori esclamò: ” Dove siamo, mamma?” . La mamma le rispose: “Questo è un albergo!” . E la piccola: “Non mi piace questo albergo, mi fa paura!” . Pensai:” Non sono solo io che conosco la storia a percepire una sensazione di angoscia , anche questa piccolina che non conosce nulla ha la stessa sensazione”. Quindi è proprio questo il messaggio che tutte queste anime ci vogliono comunicare: “Abbiate paura delle conseguenze di chi si crede superiore, di chi si crede potente, di chi nutre rancore e odio e fa di tutta l’erba un fascio!”

Avete mai provato a vivere con un deportato ? Io si. Cosa ne ho ricavato! A parte i suoi momenti di panico che ha mascherato brillantemente dietro un teso sorriso, io gli leggevo nell’anima perché solo io lo ascoltavo con attenzione e trasporto emotivo … Io ero la sua psicologa preferita e posso garantirvi che l’amore per la vita e la forza di superare le avversità me l’ha trasmessa lui, mio padre, il mio supereroe preferito. Chi è sopravvissuto all’olocausto e ai maltrattamenti immeritati è stato un supereroe, non uno dei fumetti, ma in carne ed ossa . Osservando questa società allo sbando , amorale, frastornata  e smemorata, mi rendo conto di avere avuto una parte del mio DNA di un supereroe, come per altri figli come me, e di sentire il bisogno costante di parlarne  specialmente quando uno di loro o come loro subisce dei torti e delle offese. 

In una società di privilegiati, dobbiamo cercare di reagire alle difficoltà con diplomazia, senza aggressioni e accuse, ascoltando invece di parlare, condividendo invece di ignorare, rimboccandosi le maniche  invece di  delegare, collaborando invece di prevaricare .  Come hanno fatto tra di loro i deportati prigionieri dei lager. I lager, luoghi infausti paragonabili alla morte, dove tutti erano miserevolmente uguali  come nella morte e dove non esisteva distinzione di ceto, razza, religione , credo politico, età e sesso.  Siamo tutti uguali dinanzi al destino e , come spesso diceva mia nonna: “Tu che sei più colto devi capire me che sono ignorante! Altrimenti a cosa serve la tua cultura?”.

Io una cosa l’ho capita ! Se mio padre non fosse sopravvissuto, io non sarei qui a ricordarvi la storia. Questa è la vera eredità che ho ricevuto e che sfrutterò per motivare il futuro di tutti gli uomini di buona volontà.

 

Angela Astone

Angela Astone

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