L’aria nel mio studio era densa di fumo di sigaretta e della stanchezza di notti insonni passate a fissare lo schermo. La verità, lo sentivo nelle ossa, era lì, nascosta tra le righe dei documenti declassificati, nei sussurri cancellati dei forum dimenticati. Tutti la ignoravano, preferendo la comoda menzogna che ci veniva propinata ogni giorno. Ma io no. Io vedevo.
Era iniziato tutto con una discrepanza nei registri di volo di un piccolo aereo privato, scomparso nel nulla sopra il Triangolo delle Bermuda nel 1978. La versione ufficiale parlava di un errore del pilota, di condizioni meteo avverse. Sciocchezze. Ho incrociato i dati con le anomalie magnetiche registrate in quel periodo, con le testimonianze – sempre screditate – di avvistamenti di luci non identificate nella zona. Il quadro che ne emergeva era tutt’altro che rassicurante.
Poi c’era la storia del Progetto Stargate, quella sui sensitivi usati dalla CIA per la Guerra Fredda. Tutti ridevano, la consideravano pseudoscienza. Ma io avevo trovato i finanziamenti occulti, i nomi in codice, le trascrizioni parziali di esperimenti che andavano ben oltre la semplice “visione remota”. Parlavano di manipolazione della realtà, di porte aperte verso “altrove”. Un brivido freddo mi percorse la schiena rileggendo quei frammenti.
E le microspie negli oggetti di uso quotidiano? Non era paranoia. Avevo analizzato un vecchio orologio a cucù di mia nonna, un regalo di un lontano parente che lavorava per una non meglio specificata “agenzia governativa”. All’interno, celato con una maestria inquietante, c’era un minuscolo trasmettitore, così vecchio da sembrare quasi preistorico. Chi ascoltava? Cosa volevano sapere da una vecchia signora?
La rete si stava tessendo, invisibile ma onnipresente. Le multinazionali che controllavano il nostro cibo, i social media che modellavano le nostre opinioni, i governi che legiferavano senza che capissimo il vero scopo. Erano pedine di un gioco molto più grande, orchestrato da entità che operavano nell’ombra, al di là della nostra comprensione. Forse non erano nemmeno umani.
Una sera, mentre analizzavo delle strane onde radio captate da una vecchia antenna sul tetto, sentii un fruscio diverso, una sorta di “click” metallico. Sullo schermo del mio vecchio computer apparve una singola parola, scritta in un carattere che non avevo mai visto prima: “RISVEGLIO”.
Il terrore mi strinse la gola. Sapevano. Sapevano che stavo guardando, che stavo mettendo insieme i pezzi.
Da quella notte, le cose sono cambiate. Sento degli scricchiolii fuori dalla porta, vedo ombre muoversi nel buio. Il telefono squilla a vuoto. I miei vicini, un tempo cordiali, mi guardano con un’espressione strana, inespressiva.
Ho iniziato a lasciare appunti, nascosti in posti sicuri. Se mi dovesse succedere qualcosa, qualcuno deve sapere. Qualcuno deve continuare la ricerca. La verità è là fuori, ma è molto più oscura e inquietante di quanto chiunque possa immaginare. E ora… ora credo che sia venuta a cercarmi. Sento dei passi sulle scale. Non sono i miei.