Inclusione e cooperazione sono la formazione del futuro

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Conoscenza, inclusione e cooperazione devono essere disponibili a tutti i cittadini, indipendentemente dalle condizioni fisiche, psichiche, relazionali e sociali dell’individuo. La scuola del futuro si muove verso questi obiettivi.

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Bisogna puntare su una didattica di qualità che, alla crescita delle conoscenze, aggiunga anche l’educazione ai valori. L’integrazione e l’inclusione sono percorsi che si basano sulla costruzione di relazioni significative ed sono finalizzati a favorire la formazione della personalità del soggetto, che sia normodotato o disabile.

La didattica inclusiva è un metodo  innovativo che si fonda sul concetto che l’allievo con disabilità fa parte, a tutti gli effetti, della classe e la sua presenza può consentire  un’occasione istruttiva per tutti e per ognuno. Per attuarla si può, prima di tutto, fare in modo che gli studenti della classe accolgano l’allievo con disabilità; ciò è possibile con l’inserimento di percorsi di conoscenza dei diversi deficit nel curricolo. Nel gruppo classe, in cui è presente l’allievo con disabilità, quando si parlerà in particolare del deficit del ragazzo, occorre tenere conto della sua sensibilità e chiedere prima l’autorizzazione al ragazzo con disabilità e alla sua famiglia. Poi si deve affiancare un lavoro didattico finalizzato a individuare e a personalizzare il metodo didattico più idoneo. Individuare e personalizzare il metodo determina  l’uso di diverse procedure didattiche a seconda delle diverse caratteristiche di ogni studente, con lo scopo che tutti gli alunni raggiungano gli obiettivi di base comuni fissati dal curricolo.            È una programmazione che si realizza modificando le modalità di perseguimento degli obiettivi fondamentali previsti per tutti gli allievi, utilizzando diverse strategie che intervengono sulle procedure didattiche e in particolare sui tempi, gli spazi, i contenuti, i materiali e gli esercizi. Per personalizzazione si intende la diversificazione degli obiettivi formativi, per favorire la promozione delle diverse potenzialità individuali; questo avviene spostando l’attenzione dalle discipline e considerando le caratteristiche dell’allievo con lo scopo di andare oltre la didattica per focalizzarsi sulla formazione globale della persona.

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Tutto comincia dall’osservazione della storia del soggetto disabile, dalla conoscenza dei suoi punti di forza e di debolezza, e dirigere l’intervento didattico verso il raggiungimento di obiettivi funzionali al suo progetto di vita. Il percorso personalizzato è da mettere in atto solo nel caso in cui, dopo un meticoloso esame delle strategie usate dagli educatori, si rileva una concreta possibilità, da parte dell’allievo, di raggiungere gli obiettivi di base previsti per la classe.

L’insegnante riveste una notevole importanza formativa, sia dal punto di vista della scelta e dell’adattamento dei materiali didattici da somministrare, sia nell’approccio metodologico, che deve essere in grado di raggiungere le diverse intelligenze, e deve essere fondato sulla condivisione tra colleghi e tra studenti.

Uno degli errori più comuni  è quello di prestare attenzione a quello che diciamo, ma non a come lo diciamo. Per esempio, camminare tra i banchi mentre parliamo, aumenta molto l’attenzione degli alunni perché il movimento costringe gli alunni a seguirci con gli occhi e dunque a prestarci attenzione. Oppure, fare monologhi non aiuta a mantenere l’attenzione dell’ interlocutore, dunque bisogna fare domande per verificare l’efficacia comunicativa e indurre a riflettere gli studenti sull’argomentato che si sta spiegando.  Se vogliamo rendere partecipi gli studenti, dobbiamo lavorare su cosa attrae  il loro interesse. L’utilizzo di un linguaggio coinvolgente, che riguardi esempi del mondo dei bambini, dei ragazzi o dei giovani citando per es. vestiti, giochi, sport  da loro conosciuti sono elementi potenti per suscitare la loro memoria.

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Durante la spiegazione bisogna dare dei tempi ben specifici per le domande. Più che raccogliere le domande bisogna sforzarsi di provocarle, suscitarle e promuoverle, tuttavia la curiosità bisogna saperla, non solo suscitare ed incrementare, ma anche mantenere.

Ricordo con piacere un progetto scolastico realizzato per i ragazzi della scuola primaria, dovevamo parlare di corretta alimentazione a bambini che non sapevano nemmeno allacciarsi le scarpe. In un primo momento pensai subito di proporre un percorso nozionistico semplificato. Ma il primo giorno fu disastroso sia per gli alunni, sia per i docenti. Poi, in accordo con i docenti, decidemmo di portare dei cibi di facile manipolazione e delle stoviglie, così tentai l’approccio tecnico-pratico.  Bene, un successo strepitoso. I ragazzi furono divisi in gruppi di quattro elementi ai quali fu affidato un tutor. Ogni gruppo ebbe un compito da portare a termine. Chi impastava pane, chi produceva pasta fresca, chi biscotti; mentre io davo delle informazioni, a ogni gruppo, sugli ingredienti che stavano usando. A parte l’uso del forno e dei fornelli, che fu destinato agli adulti, i ragazzi e i loro genitori furono entusiasti dei risultati ottenuti. Anzi, alcuni genitori furono rimproverati dai loro figli perché non gli avevano mai permesso di realizzare un prodotto da forno nelle loro case. Ma la maggiore soddisfazione l’ho provata con due ragazzi disabili che avevano imparato a realizzare l’impasto come gli altri, senza nessuna difficoltà. La morale dell’esperienza vissuta è stata:” la teoria, quando diventa pratica, si ricorda senza nemmeno studiare (e la ricordano anche coloro che non vogliono o non possono studiare) ,  se resta solo teoria entrerà nella mente (per un breve periodo ) solo di chi ha voglia di studiare “.

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Il Cooperative Learning è una modalità di apprendimento che si basa sull’interazione, all’interno di un gruppo, di allievi che collaborano, al fine di raggiungere un obiettivo comune, attraverso un lavoro di approfondimento che porterà alla costruzione di una nuova conoscenza. Il Cooperative Learning è, quindi, una visione pedagogica e didattica che utilizza il coinvolgimento emotivo e cognitivo del gruppo come strumento di apprendimento, in alternativa alla tradizionale lezione accademica frontale; fa riferimento ad un insieme di principi, tecniche e metodi di conduzione della classe in base ai quali gli alunni affrontano lo studio disciplinare interagendo in piccoli gruppi, in modo collaborativo, responsabile, solidale e ricevendo valutazioni sulla base dei risultati ottenuti individualmente ed in gruppo.

I docenti che sono favorevoli al Cooperative Learning ritengono che questo metodo sia fondamentale per gli studenti con bisogni educativi speciali, come:  portatori di handicap, superdotati, appartenenti a minoranze linguistiche e culturali; questo perché  incide positivamente sul rendimento scolastico e favorisce l’integrazione. Si tratta di una metodologia che rafforza la motivazione e da questo punto di vista va maggiormente incontro a coloro che hanno necessità particolari, a volte frustrate dalla tradizionale e quotidiana pratica dell’insegnamento che può risultare demotivante. Inoltre l’apprendimento cooperativo può migliorare e rinforzare significativamente le relazioni interpersonali fra studenti “diversamente abili” e studenti “normali”. Infatti, quando la classe assume un atteggiamento cooperativo anziché competitivo, gli studenti disabili possono contribuire al successo del gruppo ed è più probabile che, in questo modo, siano da esso accettati.

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Il ruolo del docente è di fondamentale importanza nella gestione dei gruppi di apprendimento cooperativo ma, allo stesso tempo, non impedisce la libera espressività e il mettersi in gioco del gruppo classe, restando in parte il docente “dietro le quinte”. Inoltre, la mediazione può essere personalizzata e ciò favorisce lo sviluppo di una profonda relazionalità fra le persone. La relazione permette di riconoscere l’altro, la sua soggettività e mette in gioco la reciprocità.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di “speciale attenzione” (disabilita’, disturbi evolutivi, svantaggio socio-economico linguistico culturale). All’inizio della scuola secondaria il problema può essere “mascherato” da: demotivazione allo studio , comportamenti di reattività , atteggiamenti di sfiducia. Gli rilevatori comportamentali possono essere i primi elementi osservabili. Il problema può manifestarsi attraverso:  parziale comprensione dei testi , difficoltà nell’acquisizione di termini specifici, difficoltà a prendere appunti, a compilare il diario, a completare le attività nei tempi richiesti.

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E’ sempre più urgente adottare una didattica che sia funzionale per tutti gli alunni, senza lasciare indietro nessuno. Le istruzioni sui compiti da svolgere e le lezioni specifiche possono essere registrate. Riascoltare le lezioni può facilitare la comprensione di compiti o concetti: una didattica inclusiva più che una didattica speciale.

Aggiungo, che non si deve trascurare il ruolo della musica che rende più facile la memorizzazione e l’interpretazione dei testi  in lingua italiana o estera, permettendo di muovere parole e sentimenti. Particolare rilievo riveste, nella didattica inclusiva, l’utilizzo di strategie logico-visive, di mappe e schemi per favorire l’interiorizzazione dei concetti, il raggiungimento dell’autoconsapevolezza, nell’ambito di una progressiva autonomia operativa, e l’acquisizione di un personale metodo di studio, per apprendere ad apprendere. Lo sviluppo delle nuove tecnologie educative, applicate alla didattica, ha contribuito efficacemente all’attuazione di strategie individualizzate di adattamento ed integrazione, mediante l’utilizzo della LIM, delle risorse multimediali interattive, in grado di potenziare abilità e conoscenze, in modo personalizzato.

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Angela Astone

Angela Astone

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