Pregiudizi moderni e diritti umani

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Si parla tanto di inclusione, di diritti umani, di libertà e comprensione, di cooperazione in ogni ambito socio-culturale ma…tutti questi buoni propositi, tutti questi plateali sermoni sono davvero applicati nel sociale? Quanti pregiudizi emergono quotidianamente nelle nostre comunità?

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Il razzismo, in sostanza,  si manifesta attraverso l’esclusione di gruppi o persone e  attraverso comportamenti discriminatori che, a volte , culminano in atteggiamenti di bullismo o violenza.  Ecco perché il razzismo, di qualunque tipo esso sia, deve essere combattuto.

In ambito scolastico, il razzismo si può manifestare sin dalla scuola dell’infanzia e potrebbe evolversi nocivamente negli anni avvenire . Eliminare o contenere l’atteggiamento razzista sul nascere, richiede il contributo del corpo insegnante e dell’intero sistema educativo. Un’ educazione imperniata sul rispetto degli altri e sulla tolleranza è parte integrante dei compiti fondamentali della scuola, e deve essere  al centro delle priorità pedagogiche. Tutti quelli che, da vicino o lontano, partecipano alla missione educativa della scuola, devono sforzarsi di fornire ad ogni allievo l’educazione a cui ha diritto, indipendentemente dalla razza, dalla religione o dall’appartenenza etnica o culturale.

Il sistema internazionale dei diritti umani, comprende il sistema di patti, convenzioni, trattati, protocolli, organismi di promozione e di controllo che è stato costituito dalla comunità  internazionale a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Ciò, allo scopo di rendere i diritti umani inalienabili, poiché spettano a tutti gli esseri umani e dunque non dipendono dalle leggi del singolo Stato, ma dalla stessa appartenenza al genere umano e sono  indivisibili e interdipendenti, perché posti tutti sullo stesso piano (Dichiarazione di Vienna, 1993). L’interdipendenza dei diritti richiede ,inoltre, che  i suddetti diritti vengano presi in esame, tutelati e promossi simultaneamente, senza dare priorità ad alcuno rispetto ad altri. Razzismo, intolleranza e discriminazione sono le manifestazioni più problematiche della convivenza sociale. Gli individui che necessitano di tutela  devono vedere rispettati  i loro diritti di: libertà di espressione e di movimento, diritti dei migranti, tutela delle minoranze, in particolare quelle etnico-linguistiche-culturali, diritti sociali e politici e di  accesso al lavoro e all’educazione, anche con riferimento alle persone con disabilità, violenza razziale o di genere, parità di genere,  status di rifugiati.    

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E’ ormai noto a tutti quanto la storia ricordi eventi disastrosi circa il fenomeno razziale sviluppatosi in varie epoche. Il fenomeno storico più recente, spiacevolmente ricordato da giovani e meno giovani, è stato quello di ordine politico e storico del Terzo Reich di Hitler. Questo periodo storico indirettamente mi appartiene, mi commuove e mi fa paura perché mio padre è stato uno dei giovani deportati nei campi di concentramento in Germania . Da quel campo di Bad Sulza (nella Germania dell’Est) è riuscito ad uscirne ancora vivo dopo due anni di prigionia e di lavori forzati. Mio padre era italiano, cattolico, militare della marina italiana, eppure ha vissuto sulla sua pelle un caso razziale per discrepanze politiche. Quindi, da questa esperienza, che ha segnato psicologicamente mio padre per tutta la sua vita, ho capito quanto ognuno di noi possa essere vittima di una ingiustizia o di pregiudizi senza avere una colpa evidente. Mio padre, quando era in vita , si è sempre chiesto  “Perché?”. Ogni ragazzo/a., uomo, donna  ogni giorno si chiedono ancora “Perché?”… Forse perché la mia pelle ha un colore diverso, perché non vesto alla moda, perché sono più educato, perché non faccio parte di un branco, perché non bevo e non fumo, perché studio , perché…  A quante domande bisogna rispondere per trovare un motivo reale di condanna? Il vero dolore si cela dietro ogni perché ma,  in realtà , la risposta è una sola : “Malvagità generata dal pregiudizio e da un atteggiamento di supremazia fondata sulle sciocchezze !”.   

Il comportamento razzista è molto difficile da eliminare perché ha molte sfaccettature  e non è facile da scoprire;  la sua repressione lo obbliga alla clandestinità e può manifestarsi in momenti difficili e inattesi. E’ dunque di primordiale importanza che i responsabili della scuola e della formazione non rinuncino a mettere in evidenza tutte le forme velate di razzismo. A loro, inoltre, spetta il compito di stimolare il coraggio di smascherare ogni forma di razzismo in noi e negli altri e di sviluppare l’ atteggiamento atto a combatterlo.   Il principio fondamentale della dichiarazione delle Nazioni Unite relativa ai diritti dell’infanzia enuncia  a questo proposito che «il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono favorire la discriminazione religiosa o qualsiasi altra forma di discriminazione. Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, d’amicizia tra i popoli, di pace, di fraternità universale e nel sentimento che gli appartiene di consacrare le proprie energie e i propri  talenti al servizio dei suoi simili». La coscienza della propria identità permette l’incontro con gli altri senza bisogno di sminuire il loro valore. La coscienza di sé e della propria identità, il  sentirsi a proprio agio nell’ambiente sociale e culturale in cui si vive, favorisce un’ apertura verso il nuovo ed il diverso ed un approccio critico di sé e dell’altro, diminuendo cosi’  il rischio di ferire l’altro o di discriminarlo. Ovviamente, un bambino/a o un ragazzo/a può percepire questo rispetto verso l’altro se vive in un contesto familiare che rispetta questi canoni antirazziali.   

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Gli obiettivi personali e familiari descritti, vertono sul comportamento pedagogico e sulla vita comunitaria a scuola.

Nell’anno 2005,ho avuto modo di svolgere un progetto scolastico in una scuola media del mio territorio,  in cui ho trattato un argomento nato per favorire l’integrazione razziale e religiosa degli studenti. Il progetto era: “CONOSCERE LE ABITUDINI ALIMENTARI NELLE VARI POPOLAZIONI E NELLE DIVERSE RELIGIONI” . E’ stato un progetto molto seguito e che ha destato negli studenti grande interesse. L’interesse è stato mosso dalla curiosità di conoscere nuove pietanze e anche di apprendere le motivazioni per cui alcuni loro compagni sceglievano un alimento anziché un altro. Alla fine del percorso, i ragazzi hanno anche assaggiato alcune pietanze e sono stati contenti di condividerle con i loro compagni. Io, come docente ho appreso un messaggio apparentemente ovvio ma spesso non percettibile che sarebbe: “Per combattere il pregiudizio occorre la conoscenza!”. Bene, per alcuni giorni, i miei studenti hanno viaggiato nella conoscenza per capire e condividere.

In tutti i casi descritti ho constatato che “la cecità dell’anima nasconde trappole della coscienza che vengono annientate solo dalla conoscenza e dalla condivisione”

Quindi,” in primis”, nell’ambito scolastico bisogna verificare che le strutture, l’organizzazione scolastica, come pure i regolamenti e le relative indicazioni non contengano disposizioni discriminatorie o pregiudizievoli verso gli allievi di origine e di cultura differenti.  

 

Bisogna  assicurarsi che i programmi e i mezzi di insegnamento non comportino alcuna connotazione razzista e bisogna incoraggiare il rispetto delle persone, delle razze e delle culture. Inoltre, il corpo insegnante deve privilegiare, nella prassi quotidiana, un approccio improntato alla tolleranza, al rispetto degli altri e alla comprensione nei confronti delle minorità. Trattare il tema del razzismo (origini, forme e prevenzione) in un’ottica interdisciplinare, nel quadro dell’insegnamento  storico, psicologico, linguistico e religioso, pone le basi di un’educazione interculturale e fornisce tutte le istruzioni utili per assicurare la scolarizzazione degli allievi indigeni e stranieri.

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Bisogna, in ultimo, impiantare il perfezionamento degli insegnanti sull’educazione interculturale senza però far percepire all’allievo il concetto di differenza;  ossia l’allievo deve conoscere il suo compagno straniero nello stesso modo in cui conosce un compagno che appartiene a un’altra regione italiana o ad un’altra città. Quindi l’insegnante, con molta naturalezza,  deve permettere la conoscenza reciproca tra studente indigeno e straniero addolcendo e rendendo normali le differenze di razza, religione, ceto, cultura o altro .

A livello delle autorità scolastiche in caso di problemi, privilegiare la soluzione che sia il meno formalista possibile. Nelle decisioni concernenti la selezione o la promozione, tener conto dei  progetti e attività scolastiche e pedagogiche che stimolino il contatto diretto e l’intesa tra maggioranze e minoranze. A livello delle organizzazioni pedagogiche  approfittare di tutte le riunioni e le manifestazioni per trattare il problema della lotta contro le discriminazioni razziali e sociali, incoraggiare e sostenere la collaborazione con i colleghi incaricati dell’insegnamento della lingua e della cultura dei paesi d’origine.  

Ogni soluzione è necessaria per rassicurare i genitori, compresi quelli di bambini ancora piccoli ma che presto avranno a che fare con questo mondo, che guardano impauriti immagini e racconti, ponendosi domande, avendo mille dubbi e perplessità, manifestando ansie e paure. Le famiglie vanno rassicurate perché è dalla famiglia che parte il pregiudizio e il fenomeno razziale che viene poi inculcato ai figli sin dalla più tenera età.

I ragazzi sentono il razzismo e lo vivono male e per alcuni diventa un vero e proprio ostacolo per la carriera scolastica, per la propria autostima, e il danno può diventare irreparabile se il problema non viene fronteggiato in maniera adeguata.
Ma la scuola più efficace, al fine di tessere una trama di tolleranza, di comprensione reciproca e di integrazione, non è solo quella dei progettiAttraverso le buone pratiche didattiche quotidiane, attraverso lo studio disinteressato, attraverso la passione del docente per quello che insegna, può costruirsi l’integrazione degli alunni nel gruppo classe. In realtà, le diversità se non le percepiamo come tali non esistono. Quindi se quell’individuo, percepito come diverso, lo trattiamo invece come uguale agli altri, con la stessa attenzione, con lo stesso rimprovero, con lo stesso tipo di richiesta di impegno, quell’individuo non è più diverso.

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Solo la cultura può salvarci dal razzismo, può risvegliarci da questo letargo della ragione che spesso ci rende dei mostri. La cultura non è intesa solo come quella curricolare e didattica che affonda le proprie radici nelle anacronistiche teorie filosofiche e sociologiche. La cultura deve essere finalizzata alla creazione del pensiero critico, alla nascita della capacità di distinguere tra bisogni e desideri, deve contenere quello spirito di rispetto e di tolleranza che è alla base del concetto di percezione del rispetto dell’essere umano come tale (senza colori, senza linguaggi, senza religioni) Mi viene in mente un verso di Trilussa nella poesia “Ninna nanna della guerra” che cita: ” Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che comanna, che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza, o a vantaggio de una fede, per un Dio che nun se vede …”. Questo verso, in poche righe concentra tutto un problema razziale che scaturisce da inutili preconcetti su chi è superiore e chi no.

Comprendereconoscereascoltare, rispettarequesta ,a mio parere,  è la sola cura semplice e definitiva contro ogni intolleranza, contro ogni razzismo, contro qualsiasi tipo di violenza. Genitrice del razzismo è la paura, che nasce a sua volta dall’ignoranza. Sicuramente la paura non ha solo aspetti negativi, la paura ci protegge da una serie di imprevisti ma, se opportunamente razionalizzata e studiata, possiamo controllarla e usarla solo quando è davvero necessaria. Nei rapporti umani ,se sappiamo comunicare e ascoltare attentamente, alcune paure possono sicuramente, essere rimosse.

Ecco perché la scuola, libera ed inclusiva va salvata, potenziata e direzionata verso un percorso innovativo che deve formare individui colti, riflessivi, liberi e aperti ai cambiamenti. E’ scientificamente provato che “chi non si adatta ai cambiamenti è destinato a scomparire” e la nostra scuola deve insegnare ai giovani ad affrontare i cambiamenti con naturalezza al fine di formare una popolazione che possa crescere nella libertà, nella pace, nella tolleranza, nella giustizia e, soprattutto, una popolazione che miri alla crescita della nostra nazione. Lo dico sia da italiana, sia da figlia di chi ha sopportato queste ingiustizie e mi ha lasciato in eredità questo messaggio.

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Angela Astone

Angela Astone

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