Curare il cancro del colon alla “radice”

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E’ stato pubblicato sulla rivista internazionale Cell Death &Disease (https://www.nature.com/cddis/) del gruppo editoriale Nature.com,il lavoro dal titolo: Pharmacologicaltargeting of the novelβ-cateninchromatin-associatedkinase p38α in colorectalcancerstemcelltumorspheres and organoids.

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Responsabili della ricerca sonoil prof. Cristiano Simone, Genetica Medica, Dip. Scienze Biomediche e Oncologia Umana (DIMO), Università degli Studi di Bari Aldo Moro e la dott.ssa Valentina Grossi, Genetica Medica, IRCCS ‘S. de Bellis’, Castellana Grotte (Ba). 

Il lavoro scientifico, svolto insieme ai colleghi dell’Università di Palermo e de ‘La Sapienza’ di Roma è stato sostenuto da un finanziamento PRIN 2017 “Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale” del MIUR. Ulteriori collaborazioni necessarie per il completamento dello studio hanno coinvolto colleghi della nostra Universitàe dell’ IRCCS ‘S. de Bellis’ di Castellana Grotte (Ba).

Oggi la terapia del tumori del colon è molto efficace fino a che le cellule tumorali non raggiungono i linfonodi. Infatti si passa da una sopravvivenza a 5 anni dell’80-90% (stadio I e II) ad una dell’40-60% nei casi in cui il tumore ha invaso localmente i linfonodi (stadio III). Questi pazienti prima e/o dopo la chirurgia sono sottoposti a chemioterapia (neo)adiuvante.

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La riduzione della sopravvivenza dipende dalle recidive e/o dalla progressione della malattia verso le metastasi a distanza, dovute entrambe a chemioresistenza ed aggressività, caratteristiche peculiari delle Cellule Staminali Tumorali di queste neoplasie del colon.

Questi pazienti rappresentano il 30% di tutti i tumori del colon, e purtroppo 1 paziente su 3 non risponde alle terapie andando incontro a progressione di malattia e metastasi.La resistenza alle terapie è dovuta alle cellule staminali tumorali, che possiamo considerare “le radici” del tumore. La ricerca ha identificato nelle cellule staminali tumoraliisolate da pazienti un gene, p38alfa, che produce grande quantità di una proteina che rappresenta un fattore prognostico (in grado quindi di identificare i pazienti che non risponderanno alla chemioterapia), ma anche un target terapeutico perché possiamo bloccarne la funzione con un farmaco inibitore specifico (attualmente già in clinical trials) rendendo le cellule staminali tumorali sensibili alla chemioterapia standard inducendo la morte cellulare. 

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L’efficacia del farmaco è stata anche dimostrata sui modelli di organoidi del cancro del colon (versione semplificata e miniaturizzata di un organo prodotto in vitro in tre dimensioni che mostra caratteristiche microanatomiche realistiche). In questi modelli preclinici abbiamo anche dimostrato la possibilità di sconfiggere le cellule tumorali senza chemioterapia, associando al farmaco inibitore di p38alfa un secondo farmaco che blocca una proteina della via di KRAS molto attiva nei tumori del colon, secondo il modello del doppio letale sintetico (significa aver trovato due geni essenziali per la sopravvivenza delle cellule tumorali, che se bloccati contemporaneamente portano in maniera specifica alla morte delle cellule tumorali).

In conclusione, il nostro studio ha permesso di identificare p38alfa come un fattore prognostico ed un target terapeutico nel compartimento staminale tumorale del cancro del colon di stadio III, aprendo la strada a studi clinici controllati (clinical trials) in combinazione con la chemioterapia standard e/o con inibitori farmacologici della via di KRAS.

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Oltre alle importanti ricadute cliniche ed applicative, lo studio rappresenta una testimonianza di come si possano attivare sinergie sul nostro territorio per dare ai giovani la possibilità di essere protagonisti della ricerca biomedica e arricchire il proprio bagaglio scientifico come nel caso della dott.ssa Grossi co-responsabile dello studio, a lungo Assegnista presso la nostra Università ed oggi Capoprogetto ‘p38&Cancer’ all’IRCCS de Bellis odella dott.ssa Lepore Signorile prima autrice dello studio e precedentemente borsista AIRCpresso il nostro Ateneo.

Questo lavoro dimostra anche come le università del Centro SUD possano fare rete nella competizione nazionale per i finanziamenti di eccellenza (come il PRIN) ed in quella internazionale, pubblicando i propri dati su riviste autorevoli prima dei gruppi competitors.

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Comunicato Stampa

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